LE SANZIONI PESANO IN MODO DIVERSO NEI PAESI DELL’UNIONE

Solo la forte coesione consente di superare momenti drammatici

C’è solo da essere tristi a guardare questa Europa sotto stress per la guerra in Ucraina. E i motivi per esserlo sono molteplici. Proverò ad elencarne alcuni. Il conflitto in essere ci ha fatto scoprire improvvisamente di essere totalmente “sbilanciati” verso la Russia per l’approvvigionamento dell’energia. In qualsiasi corso di economia si racconta agli studenti che un’azienda che non mantenga un equilibrio tra diversi fornitori ed anche diversi clienti è esposta a rischi che sono più alti quanto minore è il numero di fornitori e di clienti. La politica dei singoli Stati membri ha forse un’ottica di breve periodo, ma il coordinamento europeo dovrebbe avere una visione assai più ampia e tenere in considerazioni tutti quei fattori che i singoli Stati non riescono a considerare. Un secondo motivo di riflessione riguarda senza dubbio le sanzioni che l’Europa ha posto alla Russia. Sono sanzioni pesanti con ricadute differenti sui singoli Stati. Ci sono situazioni di scarsa dipendenza dal petrolio russo ed altre nelle quali la percentuale di importazione da quel Paese è assai elevata. Lo stesso vale per il gas. Ora è ben evidente che il prezzo da pagare per cercare fonti alternative e rinunciare all’energia proveniente dalla Russia è diverso da Paese a Paese. In questo modo assistiamo ad un girovagare per il mondo di ministri ed amministratori delegati delle imprese dell’energia per cercare di stipulare nuovi contratti e, dall’altro lato, al tentativo di aggirare le sanzioni europee giocando tra conti in dollari, in euro ed acquisto di rubli. Le sanzioni che vietano l’esportazione verso la Russia di materiali che possono essere utilizzati a scopo bellico o per far funzionare industrie come quella cantieristica o automobilistica sono ben comprensibili. In questa fase serve a tenere sotto pressione l’intero comparto produttivo ed a mettere sulla bilancia delle trattative un argomento che sia in grado di controbilanciare, quantomeno parzialmente, la fornitura di gas e petrolio. Ciò che invece risulta incomprensibile è il divieto di esportare verso la Russia prodotti come la moda, i vini o i formaggi prodotti in Europa. Anche questo è motivo di disparità tra i Paesi perché vengono colpiti in modo assai maggiore quelli che avevano una bilancia commerciale favorevole, mentre restano esclusi quelli che avevano prima del conflitto un’export ridotto al minimo. Le discussioni animate sono già iniziate, così come le minacce di apertura di procedure d’infrazione. Ma così facendo l’Europa dove andrà a finire? Quale sarà il suo futuro se in una situazione drammatica e pericolosa non riesce a trovare una politica veramente comune, nei fatti e non solo nelle parole. Dobbiamo continuare a credere nell’Europa, ma talvolta viene da pensare che lo facciamo solo perché non c’è alternativa.






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