Il SUD DEL MEDITERRANEO, GIARDINO DIMENTICATO DELL’EUROPA



I recenti naufragi di barconi che hanno causato la morte di centinaia dei cosiddetti “migranti”, avvenuto a poca distanza dal territorio italiano dell’isola di Lampedusa, ha scosso le coscienze di molti, e non solo in Italia. L’intera Europa si è accorta che il Mediterraneo costituisce ancora oggi una strada in grado di unire le popolazioni che si trovano sulle sue rive. Magari solo fornendo una via di fuga e di speranza per coloro che vogliono giocare la carta della loro vita il qualche luogo che possa dare un, seppure flebile, filo di speranza in un futuro migliore. L’arrivo costante di barconi col loro carico umano a Lampedusa non fa più notizia. Le centinaia di uomini, donne e bambini che affrontano viaggi terribili, che rischiano la vita ora dopo ora, che sono preda di trafficanti senza scrupoli non sono oggetto di interviste, di approfondimenti. Non farebbero rumore, non avrebbero alcuna presa sui sentimenti del comune cittadino della opulenta Europa. Solo una vera e propria strage, un numero altissimo di piccole bare bianche allineate nell’hangar dell’aeroporto è in grado di produrre un transitorio sussulto di coscienza, una presa d’atto che a poche miglia da noi la situazione sociale è estremamente diversa e tragica. Un sussulto che dura poco, lo spazio di qualche ora. Passa in secondo piano appena torna a salire o a scendere lo spread, si annuncia una crisi politica o scoppia qualche scandalo. Le notizie, si sa, si bruciano nello spazio di pochi momenti, ma il dramma degli uomini e delle donne rimane. Al di là delle dichiarazioni di buoni intenti che si registrano nei momenti di maggiore commozione, ognuno rimane solo col proprio dramma. Chi è sopravvissuto al viaggio e al naufragio deve arrangiarsi. Entra in un Paese del quale non conosce la lingua, non sa nulla delle sue tradizioni, della sua cucina, della quotidianità che è parte essenziale della vita di tutti gli esseri umani. E tutti sono lasciati soli. Ottime dichiarazioni di intenti che rimangono tali e che non si trasformano mai in opere reali, in azioni che possano in qualche modo aiutare questi uomini. Eppure le sponde del Mediterraneo sono un vero e proprio giardino, un eden che dovrebbe essere conosciuto e valutato da tutti. Il giardino dell’Europa che non viene coltivato, si lasciano crescere le erbacce della guerra civile, della distruzione e dell’annientamento di intere popolazioni che abitano a poca distanza da noi. Le miopi regole del capitale, incapace ormai a guardare appena fuori dai propri confini, impedisce di comprendere l’importanza e la piena potenzialità del sud del Mediterraneo per la crescita, anche economica del nostro continente. Luoghi di straordinaria bellezza naturale e culturale, dove il sole scalda la terra durante tutto l’anno. Una terra che è stata la culla della civiltà e che oggi è abbandonata a se stessa ci fa provare un sentimento di rabbia impotente. Si discute su interventi atti a porre fine ai flussi migratori o quanto meno a regolarli. Tutta fatica sprecata. Se non cambieranno radicalmente le condizioni di vita di coloro che fuggono dalla fame, dalla violenza e dalla mancanza di prospettive per il futuro, il flusso sarà inarrestabile. E così continueremo a registrare disastri con centinaia di vittime e le televisioni ci trasmetteranno ancora le immagini di decine di piccole bare bianche allineate negli hangar. E sarà inevitabile anche la nostra assuefazione a notizie così sconvolgenti come quella della morte di centinaia di esseri umani che aspiravano solo e semplicemente a vivere.






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