LA DEMOCRAZIA, VERO FATTORE DI SVILUPPO DEI POPOLI

La transizione democratica dei Paesi Arabi nuovo motore dell’economia?

Il termine democrazia ha origini antiche. La parola ha derivazione dalla lingua greca e significa, letteralmente, potere del popolo. Il popolo è, secondo questo termine, l’artefice delle decisioni che interessano il suo presente e il suo futuro. Esso delega, allo scopo, i suoi rappresentanti che prendono le decisioni sulla base di un mandato che viene loro affidato. Un meccanismo piuttosto semplice. Una garanzia del fatto che tutti noi, almeno sulla carta, siamo artefici del nostro destino. Che possiamo scegliere le persone alle quali affidare il mandato di rappresentarci e di fare le scelte in nome nostro. La mancanza di democrazia porta invece alla dittatura, al dominio di pochi uomini sulla moltitudine, sulle città e sui paesi che costituiscono una Nazione. Se ne sono visti nel passato ed ancora oggi molti popoli, neppure troppo lontani, stanno lottando e morendo per la democrazia. Un traguardo che vorrebbero raggiungere e che, purtroppo, appare ancora lontano. Nel sud del Mediterraneo ancora si combatte, si manifesta e si muore per avere la possibilità di scegliere il proprio destino, di essere liberi dalle oppressioni e di poter esprimere liberamente le proprie idee. Le resistenze dei regimi e l’instaurazione di nuove e mascherate dittature rallentano un processo democratico che potrebbe portare immensi benefici non solo alle popolazioni del nord Africa, ma anche all’Europa tutta. La democrazia, quella vera, che la cosiddetta “primavera araba” ha fatto sperare, potrebbe essere un motivo di stabilizzazione di un’area vasta del globo che non è lontana dalle nostre coste. Integralismi spesso pericolosi e organizzazioni malavitose di varia natura potrebbero essere meglio controllate e forsanche ridotte in Paesi con democrazie vere e stabili. Benefici di non poco conto per l’intero continente Europeo, che ne potrebbe trarre, scambievolmente, benefici economici. La ricostruzione e lo sviluppo di aree così vaste richiedono l’impiego di mezzi e tecnologie che il vecchio continente è in grado di offrire, in cambio del petrolio di cui è ancora ricchissimo il sottosuolo nordafricano. Anche le popolazioni arabe potrebbero esserne avvantaggiate, col lavoro che certamente arriverebbe, con la ripresa dell’industria turistica, ferma ormai da troppo tempo e con la possibilità di produrre ed esportare prodotti agricoli la cui produzione risulta assai meno onerosa nei paesi caldi. La sostanziale indifferenza dell’Europa nei confronti della situazione politica del sud del Mediterraneo è quanto meno sconcertante. È pur vero che si tratta di Paesi sovrani e che non è pensabile alcuna forma di ingerenza, ma gli aiuti e i sostegni veri e concreti per favorire la transizione democratica non dovrebbero mancare. Le sole parole di condanna nelle sedi internazionali non sono più sufficienti. Occorre fare qualcosa di più e di diverso dalle sole sanzioni economiche che producono il solo effetto di impoverire ed affamare le popolazioni e prestare il fianco alle accuse dei governanti contro il mondo occidentale. Il rischio forte è quello di ampliare le basi di malessere all’interno delle quali si alimentano gli integralismi più pericolosi. Avevamo sperato che qualcosa si muovesse all’interno delle Istituzioni nazionali ed Europee, ma il massacro delle popolazioni continua. Siamo forse troppo presi dall’andamento dello spread e dal preannunciare riforme difficili da far partire e ci dimentichiamo che a poche ore di volo da noi ci sono immensi giardini che attendono solo di essere coltivati. E di conseguenza notevoli possibilità di sviluppo dei popoli che ancora rimangono ferme.






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