TEMPO (TERZA PUNTATA)

Pubblichiamo qui un racconto a puntate. Se qualche lettore vuole collaborare ci scriva. Saremo lieti di pubblicarlo.

La passione per la musica non era il solo diversivo al lavoro che Angelo si concedeva. La pesca in mare era una grande passione coltivata fin da bambino e trasmessagli dal nonno che Angelo ricordava come un vecchio corpulento muratore e che in estate dopo il lavoro e in inverno durante il fine settimana, lo portava con sé sulle scogliere a picco e gli insegnava la pratica molto complessa della pesca da terra. L’attrezzatura che portava con sé era molto semplice: una vecchia canna con un mulinello rumoroso ed una piccola borsa con la minuteria necessaria. Pensava al grado di sofisticazione e di ricercatezza che aveva raggiunto quell’arte così antica: canne a flessibilità differenziata realizzate con futuristiche fibre sintetiche intrecciate tra loro, mulinelli per lasciare il filo e per raccoglierlo fabbricati da produttori con le stesse macchine di precisione usate per produrre accessori per le navicelle spaziali ed esche provenienti dall’Amazzonia, dall’India e perfino dall’Antartico. Questo mondo gli era proprio lontano. Angelo si arrampicava sulla scogliera con ogni condizione meteorologica: non lo fermava il forte vento di libeccio che sollevava enormi ondate e schizzi di spuma che riuscivano a trasportare frammenti di posidonia ben oltre la strada di grande transito che si trova a centinaia di metri di distanza dalla scogliera. Arrivato sul luogo che aveva prescelto e che di solito lo impegnava per circa un’ora di cammino a piedi, preparava rapidamente l’attrezzatura ed in pochi minuti era seduto con lo sguardo ipnotizzato dal salire e scendere del galleggiante sulle onde o dall’impercettibile flessione della punta della canna quando pescava sul fondo. Pescando non doveva concentrarsi su nulla, doveva solo prestare attenzione al proprio riflesso per essere rapido nell’effettuare quel gesto di richiamo della canna che avrebbe permesso di far rimanere il pesce infilzato sull’amo. Gesto che doveva essere sì rapido, ma ben calibrato. La posizione che riusciva ad assumere non sempre era comoda: l’irregolarità dello scoglio, il sole cocente in estate o le sferzate del vento e delle onde nella brutta stagione erano elementi che certo non contribuivano al benessere del pescatore Angelo. Ma a lui piaceva comunque moltissimo. Diceva di divertirsi un mondo. Occorre però precisare che il rosso di alcuni tramonti che lasciano vedere chiaramente le montagne della grande isola dietro l’orizzonte o il chiarore crescente dell’alba estiva che lentamente lascia distinguere le navi che incrociano in quel vasto tratto di mare, potevano imprimersi così fortemente nella mente e, soprattutto, nell’anima da lasciare solchi così profondi che neppure le piogge più violente potevano colmare. Così Angelo passava intere giornate lontano da tutti, solo davanti a quel mare mutevole. Dopo pochi minuti che il filo con l’esca aveva attraversato la superficie marina la mente cominciava a riesaminare con rapidità quanto gli era accaduto di recente e riusciva gradualmente a vedere i fatti avvenuti da un punto di osservazione sempre più alto e dunque ad inquadrarli in un contesto più generale che ne favoriva la comprensione. Nella sua mente si formava un turbine, che egli aveva paragonato ad una tromba d’aria, e che nel breve volgere di qualche attimo lo stordiva completamente. Si sentiva come risucchiato nel profondo di un abisso, scaraventato in tutte le direzioni con quel suo corpo minuto e fragile che non poteva opporre un’efficace resistenza, fino a che riapriva gli occhi e ritrovava, sotto di sé, quella distesa d’acqua uguale a se stessa che lo tranquillizzava. Il mare era letteralmente sotto di lui perché Angelo si trasformava in un uccello. Nella letteratura mondiale sono descritti casi di umani che si trasformano in animali: forse il più conosciuto è il caso di Gregor Samsa che un mattino si risvegliò insetto. Qui, però, la condizione era assolutamente diversa; non c’erano parenti che potevano o forse dovevano instaurare un rapporto con lui e poi, diciamolo subito, quando finiva la pesca ritornava il Angelo di sempre. Qualche volta qualcuno lo aveva visto sulla scogliera ed un attimo dopo non era stato più in grado di individuarlo, ma come avviene quando non si presta particolare attenzione alle cose, la mente di chi lo aveva veduto aveva affrettatamente concluso che quella minuta figura di pescatore intravista in lontananza aveva riposto gli strumenti e si era allontanato.






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