LA RISCOPERTA, FORZOSA, DELLA BICICLETTA



Due sono le notizie di questi giorni che mi inducono a riflettere. La prima è il fatto che la vendite di biciclette in Italia ha superato quella delle automobili, evento che non si verificava dagli anni cinquanta. Il fatto che la popolazione riscopra l’uso della bici è certamente positivo sotto molti punti di vista. Riduzione del traffico e del relativo inquinamento, miglioramento della forma fisica attraverso il movimento, riacquisto di benessere sotto forma di limitazione dello stress da guida e molti altri vantaggi. Il costo di mantenimento di una bicicletta è molto vicino a zero, la manutenzione richiesta è scarsa e realizzabile anche da parte di chi non ha propensione per il fai da te. Accanto ai dati di vendita ufficiali che tengono in considerazione gli acquisti di biciclette nuove, c’è la riscoperta di vecchi oggetti che giacevano nei garage da molti anni. Insomma in Italia, sotto questo profilo, si sta creando una situazione che neppure i più ottimisti tra gli ecologisti avrebbero potuto immaginare. Gli italiani hanno riscoperto il piacere di spostarsi utilizzando un mezzo assolutamente autonomo, che non richiede alcun tipo di carburante ed è dunque indipendente da ogni tipo di oscillazione monetaria, di estrazione o di trasformazione. Il vero nocciolo della questione risiede però nel fatto che molti concittadini sono stati “costretti” a pedalare. Il prezzo dei carburanti salito alle stelle, le incertezze sul futuro lavorativo, le numerose e assai onerose scadenze di mutuo, bollette ed altri impegni, hanno forzosamente orientato molti di noi verso la scelta degli ecologici pedali. Positiva scelta sotto molti aspetti, ma per chi la deve subire non è sempre la scelta ottimale. Anche perché le nostre città non sono attrezzate per ospitare i ciclisti. I politici che ci hanno governato non hanno saputo prevedere che saremmo tornati a dover pedalare per spostarci. Già, i politici. La seconda notizia che induce a riflettere riguarda proprio la cosiddetta “classe politica”. Mi sono sempre domandato perché si parlasse di classe politica e solo ora la risposta appare molto chiara. Si tratta di un insieme di persone, o meglio nella maggior parte dei casi di individui, che fanno classe, che stanno insieme e si sostengono per coltivare i loro, si badi bene i loro, e non gli interessi della collettività. Mi ha colpito il sapere che i consiglieri regionali possano avere rimborsi spese faraonici, possano costituire gruppi politici anche formati da singole persone, i quali gruppi ricevono cospicue sovvenzioni, possano farsi leggi e regolamenti per accaparrare denaro e privilegi impunemente. Oggi l’ondata di indagini investe le regioni, ma sono certo che ci sono anche molti casi analoghi agli altri livelli di gestione della cosa pubblica. E mi colpisce ancor di più il fatto che non ne sia esente né la destra né la sinistra. Il fatto è, come si dice, trasversale. Quale attinenza hanno queste due notizie. Apparentemente nessuna. La classe politica dovrebbe però essere in grado, ed è proprio questo il motivo per il quale viene eletta, di governare il Paese. Governare significa anche prendere le misure opportune per anticipare gli accadimenti prevedibili. Ed il fenomeno della diffusione delle biciclette era ampiamente prevedibile. L’andamento dell’economia avrebbe dovuto far pensare che saremmo precipitati in una grave crisi e che la crisi l’avrebbero pagata, come al solito, le classi meno abbienti. Le quali classi, non avendo gli stessi mezzi della classe politica, sarebbero state costrette a rinunciare all’automobile e a pedalare. E i politici non hanno previsto nulla di tutto ciò. Così oggi ci ritroviamo ad essere costretti a pedalare nel traffico, senza il minimo di protezione. Per colpa di quella classe che ha pensato solo a se stessa, ai suoi privilegi e al modo di mantenerli. Utilizzando le automobili con l’autista. Per fortuna però pedalare fa bene alla salute.






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