Il NOBEL PER LA PACE: UN SEGNALE DI SPERANZA PER LE SPONDE DEL MEDITERRANEO



Immagini drammatiche di privazioni, stenti e morte hanno fatto il giro del mondo per testimoniare quello che intere popolazioni soffrono in questo periodo storico di migrazioni imponenti. Talmente imponenti che sono state definite “bibliche”. In effetti le stime statistiche lo confermano perché milioni di esseri umani che giungono nella vecchia Europa sono una percentuale rilevante rispetto a tutti gli abitanti del continente. Si parla di gravi difficoltà che gli stati incontrano per far fronte all’esodo, vengono erette barriere di filo spinato ed inutili muri, ma ancora ci si attarda su ogni decisione atta a stabilire condizioni di vita accettabili nei paesi di origine. Unica strada per fermare o quantomeno contenere il flusso. Ignoranza e fanatismo, sete di potere e corruzione hanno distrutto, nei decenni che abbiamo vissuto, il vero giardino dell’Europa. Le sponde a sud del Mediterraneo con le loro bellezze naturali e la ricchezza di storia e di civiltà sono ormai dilaniate dalla violenza e dalla mancanza di regole che le rende impossibili da frequentare in modo sicuro. Siamo tornati agli albori della storia. La legge vigente, nella maggior parte del “giardino”, è quella della violenza che rende impossibile qualsiasi forma di sviluppo individuale e sociale. I bambini che non possono andare a scuola sono condannati a rimanere nella medesima condizione dei loro padri. Ci sono segnali di speranza. Il premio Nobel per la pace, il più alto riconoscimento mondiale, è stato assegnato quest’anno a tre uomini ed una donna tunisini. Dopo la cosiddetta “rivoluzione dei gelsomini” del 2011 il Paese stava precipitando nel baratro della violenza e della disgregazione quando i responsabili dei due maggiori sindacati, dell’ordine degli avvocati, e della lega tunisina per i diritti umani hanno dato vita ad un processo politico alternativo. Il risultato è stato la creazione di uno Stato democratico, dove i cittadini sono uguali, senza distinzione di sesso, di convinzioni politiche e di credo religioso. La Tunisia è stata pesantemente attaccata da attentati terroristici che ne hanno minato la principale industria del Paese, il turismo. La reazione dell’intera popolazione è stata unanime e forte. Noi vogliamo sperare e credere che questo premio Nobel sia stato il primo passo per la rinascita e la scossa per far partire un processo virtuoso. Occorre fermare la violenza per poter permettere alle popolazioni di ripartire, di ricominciare a costruire il proprio futuro nelle terre d’origine, senza la necessità di dover percorrere migliaia di chilometri in condizioni disperate per poter aspirare ad un futuro migliore.






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