MISTERI DELL’ECONOMIA ANCHE NELLA FRUTTA

Spesso la frutta di Paesi lontani costa meno di quella di casa nostra

Quando finisce l’inverno e arriva la primavera è un problema comprare la frutta giusta. Finisce il tempo di mele e arance e non è ancora arrivato quello delle pesche. Le pere, che vengono conservate nei frigoriferi per lunghi mesi, assumono spesso in questo periodo il colore e il sapore del cartone pressato. D’altra parte anche la conservazione dei prodotti agricoli ha dei limiti. Ci sono però alcuni frutti che non conoscono stagioni. Uno di questi è, ad esempio, la banana. La si trova per dodici mesi l’anno, sempre al giusto grado di maturazione, sempre col medesimo sapore. In questo caso l’industria della conservazione dei prodotti agricoli e del trasporto tra i continenti funziona benissimo. Altro frutto che si trova pressoché in ogni stagione è l’ananas. Arriva a noi da lontano, dall’altra parte dell’Atlantico. Un frutto curioso perché è stato scoperto da Cristoforo Colombo nelle isole caraibiche e poi coltivato intensivamente negli arcipelaghi del Pacifico. Ma esiste un mosaico di epoca romana nel quale è raffigurato un ananas, un mistero che gli storici non riescono ancora a spiegare. Ma è anche un mistero il fatto che ananas e banane abbiano un costo per chilo molto spesso inferiore a quello delle nostre arance. Ebbene sì, costa meno un chilo di ananas di un chilo di tarocco. Quando l’ho scoperto non credevo ai miei occhi. Per anni ho sentito parlare di eccedenza della produzione di arance, di frutti che non venivano raccolti oppure, peggio ancora, di intere partite che venivano distrutte, schiacciate con i trattori. Le leggi dell’economia sono per certi versi misteriose, ma per altri molto semplici. Per coltivare e raccogliere un frutto, ad esempio le arance, la merce deve essere pagata al produttore una tariffa per chilo che consenta di coprire i costi di produzione e raccolta e di avere il giusto margine di guadagno per l’agricoltore. Mi sembra una proposizione elementare. Al nostro chilo di arance viene poi applicato un incremento di prezzo per chilo che copre il trasporto e che paga i vari passaggi fino ad arrivare sul banco del fruttivendolo o del mercato. Il prezzo che viene richiesto al consumatore finale è quello che tiene conto di tutto ciò. La stessa catena è quella che serve a coprire i costi per ananas e banane. Ora, ammesso che la produzione e la raccolta possano avere costi più bassi, la preparazione della merce per la spedizione è certamente più costosa rispetto al caso delle arance. Queste vengono di solito messe in cassette e spedite in questo modo. Non consideriamo i vari sacchetti che ci vengono proposti nei supermercati. Le banane hanno bisogno di essere avvolte in fogli di plastica e poi messe in scatole di cartone per essere imbarcate sulle navi bananiere che giungono a noi dopo aver attraversato l’oceano. Simile trattamento per l’ananas al quale viene applicata un’etichetta, viene posizionato in scatole di cartone per poi essere anch’esso spedito oltre l’Atlantico. Una volta scaricati dalle navi questi frutti passano attraverso la medesima catena di distribuzione e arrivano sui mercati. Io credo che trasportare un chilo di merce oltre oceano sia notevolmente più costoso che farlo viaggiare dalla Sicilia. Il solo trasporto dovrebbe incidere molto sul prezzo finale. Anche la preparazione e l’imballaggio dei frutti esotici dovrebbero essere assai più costosi. Ma, evidentemente, non è così. Non so perché, ma il risultato finale parla chiaro. Io credo che tra tutte le cose incomprensibili dell’economia moderna ci sia da annoverare anche questa. Certo capire che cosa sia lo spread e perché esiste non è impresa facile per un comune cittadino come lo sono io. Non mi è altrettanto facile capire come mai un chilo di arance della vicina e italianissima Sicilia costi più caro di un chilo di frutta esotica che, solo per arrivare fino a noi, consuma tonnellate di idrocarburi. Misteri di un’economia sempre più lontana da noi.






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