LA CONDANNA IN UCRAINA DEL GIOVANE SOLDATO RUSSO

I crimini di guerra devono essere giudicati da Paesi terzi

Un sentimento di pena e tristezza mi pervade. Ho appena appreso della condanna all’ergastolo di un ragazzo di ventuno anni, che aveva deciso di andare a lavorare lontano per mantenere la sua mamma. Il suo lavoro l’ha portato all’estero, dove qualcuno, forse credendosi minacciato, gli ha detto “spara” e lui ha obbedito, uccidendo un pensionato che andava in bicicletta e stava usando il telefono. Si chiama Vadim Shishimarin il soldato russo, originario di un piccolo paese della Siberia, condannato in Ucraina per crimini di guerra. La vicenda mi fa riflettere sull’opportunità che un Paese in stato di guerra metta sotto processo un soldato avversario quando ancora i combattimenti sono attivi. Il processo si celebra in nome della giustizia, che deve essere amministrata con serenità per poter esprimere un giudizio umano equo, che tenga conto di fatti e circostanze. Di certo i giudici e le parti che celebrano un processo per crimini di guerra dovrebbero appartenere ad un Paese terzo, non coinvolto direttamente o indirettamente nel conflitto. L’aula del tribunale nel quale è stato condannato il giovanissimo soldato era certamente di parte, giudici ed avvocati ucraini, ucraini anche gli interpreti e ben si sa quale peso hanno le parole in ogni processo. Vadim si è dispiaciuto, dalla sua età giovanile, dal suo essere semplicemente un ragazzo che voleva aiutare la madre. La vedova del pensionato ucciso non si è lasciata intenerire, non lo ha perdonato. Eppure lui ha sparato su quell’uomo in bicicletta perché qualcuno glielo ha ordinato, ritenendo che stesse telefonando per avvisare l’esercito ucraino della presenza dei russi in quel luogo. La guerra è guerra e, forse, le regole che le Nazioni si sono date per una condotta “civile” durante le operazioni militari di guerra non hanno tanto senso. Ma ancor di meno ha senso la condanna per crimini di guerra inflitta ad un povero giovane soldato che non aveva deciso di invadere un Paese e tantomeno di essere criminale. Vanno giudicati e condannati i decisori politici e gli alti ufficiali che impartiscono ordini alle truppe. Troppo difficile farlo e troppo facile dare in pasto all’opinione pubblica il risultato di un processo iniquo e di parte che non ha certamente stabilito la verità in modo oggettivo. Anche questo non aiuta di certo a stabilire un dialogo e cercare di ritrovare una pace indispensabile per i Paesi in conflitto e per l’intera umanità.






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