IL PERCORSO E’ ANCORA LUNGO PER UNA VERA EUROPA
Pubblicato: 3 giugno 2015 | Categoria: IL DIRETTORE | Autore: Elvis Felici
Ma l’Europa non è nata per garantire la libera circolazione degli uomini e delle merci? Questa domanda sorge spontanea di fronte a molti fatti che accadono quotidianamente. Oggi viaggiare da un qualsiasi Paese europeo ad un altro è molto facile. In automobile, in treno o in aereo non ci sono più blocchi alle frontiere, ci si muove senza alcuna difficoltà, si va e si torna senza alcun problema. La moneta unica sta facendo il resto. Non si deve infatti cambiare il danaro, avere contante di diversa specie. Per pagare è sufficiente infilare la mano in tasca ed estrarre l’euro, in qualunque lingua europea ci presentino il conto.
Ci stiamo avvicinando in questo agli Stati Uniti, paese nel quale la moneta è unica da sempre (o quasi) e le frontiere interne non esistono, anche se le giurisdizioni cambiano da Stato a Stato.
Me se il modello da perseguire è quello americano abbiamo ancora tanta strada da percorrere. In Europa è ancora molto, troppo forte il potere dei singoli Stati e troppo debole il potere centrale, delle Istituzioni europee. Non abbiamo un esercito, una polizia, un governo che abbiano la possibilità di intervenire in ogni luogo del territorio europeo. Siamo ancora molto lontani dal pensare che i governi nazionali possano rinunciare a parte del loro potere per cederlo ad organismi centrali europei che possono avere una visione ed un margine d’azione ben più ampio di quanto non possano fare i singoli Stati.
La crisi economica non è servita ad unire. Nei momenti difficili ci si può aggregare per affrontare meglio la situazione, ma così non è stato. Ancora troppa differenza tra i singoli componenti con gli ultimi molto lontani dai primi, i quali vogliono continuare a gestire le situazioni a proprio favore, ignorando completamente il significato della parola solidarietà. E così ancora abbiamo velocità di sviluppo differenti tra i vari Stati e la visione miope del mantenere una posizione di privilegio non cede il posto a politiche economiche di crescita dell’intero continente europeo che potrebbero ancora più vantaggio e stabilità anche ai Paesi più ricchi.
Una situazione analoga si sta ripetendo sul fronte dell’immigrazione. Ogni Stato europeo tende a respingere ufficialmente gli immigrati, anche se esiste la piena coscienza che essi rappresentano il futuro lavorativo e dunque previdenziale per moltissimi cittadini. Con l’incremento della vita media e la diminuzione delle nascite non c’è alternativa ad aprire le frontiere a quei giovani che possono lavorare e mantenere in piedi i sistemi pensionistici. Dunque nessuna politica europea, ma una somma sconclusionata e stravagante di politiche di singoli Stati.
Non è possibile pensare a che cosa potrebbe accadere se ci fosse una reale minaccia di azioni violente e di massa da parte di qualcuno. Non riusciremmo a coordinare un esercito, potremmo litigare sul comando dello stesso e sul numero di uomini e mezzi da mettere a disposizione. Se venisse attaccato un Paese periferico è assai probabile che si cercherebbe di spendere poco, mentre le pretese sarebbero massime in caso di attacco a quel che si definisce il “cuore dell’Europa”. Questa è, ovviamente, pura fantasia, ma dobbiamo continuare ad inseguire il sogno di una vera ed unica Europa che possa realmente farci sentire cittadini del continente e non più del nostro borgo.