ALLA RISCOPERTA DI CIBI E SAPORI TIPICI
Pubblicato: 15 gennaio 2013 | Categoria: CUCINA & DINTORNI | Autore: Bashir Dabher
Andare al mercato per salvare la tradizione
Mangiare un’insalatona al ristorante a pranzo è diventato, oltre che comodo, anche di moda. Oggi ne preparano di tutti i tipi, con molti ingredienti e stuzzicano l’appetito. Molte derivano da quell’insalata di gusto tipicamente francese che si chiama nizzarda. Fagioli, tonno, pomodori e insalata sono gli elementi principali. Proprio perché nata sulla Costa Azzurra, veniva arricchita con le erbe aromatiche tipiche delle colline francesi del Mediterraneo. Origano e altri aromi sono un tocco che caratterizza la versione originale.
La generale diffusione delle idee, quella che con termine poco elegante viene definita globalizzazione, ha diffuso l’insalata nizzarda in altri Paesi e ne ha determinato il cambiamento e l’adattamento. Oggi si può mangiare in moltissimi ristoranti in giro per il mondo, ma quasi nessuno adopera le erbe aromatiche per fornirle il necessario completamento.
Le rare volte che accendo la televisione vedo, ad ogni ora del giorno e della notte, che qualche canale trasmette programmi di cucina. Niente di male, anzi. Possono arricchire le conoscenze e la fantasia di chi prepara i pasti. Ma rischiano anche di far appiattire, globalizzandola, la tradizione culinaria che ogni luogo possiede.
La cucina è retaggio storico di tradizioni, di coltivazioni e di gusti che si sono sviluppati nei secoli. I cibi si possono conservare solo da pochi decenni e solo in tempi recenti è possibile avere ogni tipo di carne, pesce, verdura o frutta pressoché tutto l’anno. Questo ha portato a sperimentare e provare ogni tipo di cibo e di cucina. Così, ad esempio, il cuscus tipico delle regioni mediterranee si può mangiare sulle montagne. La globalizzazione dei mercati ci sta portando ad uniformarci anche nell’alimentazione.
Però, come nel caso dell’insalata nizzarda, l’originale resta unico, non si può imitare completamente. Sono i prodotti del territorio che danno i gusti peculiari alle pietanze, prodotti che difficilmente si trovano al supermercato. L’origano buono non sta nei vasetti sugli scaffali, ma si compra al mercato. Così come le alici fresche, le sarde e le spezie.
Il mercato rimane un luogo affascinante fatto di gente, gente vera, dove ogni giorno si rinnova l’incontro tra quello che offrono i produttori e quello che chiedono i consumatori. Ogni cosa ha un prezzo che dipende dalla domanda e dall’offerta. Mercati che offrono profumi di cibo, di spezie e di gente, gratuitamente. Portarsi a casa un ramo di origano, un pizzico di curcuma o un pugno di capperi non ha costi eccessivi. Profuma la pietanza, stimola ricordi antichi nella mente e, soprattutto non ci fa sentire completamente oppressi da quella globalizzazione che tenta di omologarci anche nel cibo. Salvare le nostre tradizioni, tornare ad immergerci nei mercati vocianti, parlare col venditore, chiedere suggerimenti sul modo di preparare un piatto sono tutti aspetti di un mondo che va scomparendo, ma che va salvaguardato per salvare noi stessi.